Onorevoli Colleghi! - Un problema sempre più sentito da parte delle imprese operanti nel settore del tessile, abbigliamento e accessori, ma anche nei settori del calzaturiero, ottico e intimo, è quello concernente la concorrenza sleale e la possibilità di vendere i prodotti a prezzi scontati anche al di fuori delle vendite stagionali dei saldi.
      Com'è certamente noto, i prodotti dei citati settori sono strettamente collegati ai dettami della moda, imprevedibili e in continua evoluzione.
      La vita commerciale di tali prodotti è dunque molto breve, stimata in uno o due anni, dopodiché le possibilità di esitare detti prodotti si riducono drasticamente e conseguentemente anche il loro valore.
      A seguito di ciò sono iniziati a sorgere gli «outlet».
      Il fenomeno «outlet» nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni '70 ed in breve tempo diviene un successo in tutto il mondo.
      Il «factory outlet» offre la possibilità di acquistare tutti i prodotti proposti a prezzi

 

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molto scontati rispetto ai listini. Questo è reso possibile perché i prodotti in vetrina o sono in offerta lancio promozionale o sono proposti in abbinamento ad altri prodotti oppure arrivano da over-produzioni.
      È evidente la preoccupazione emersa tra gli operatori del commercio per il fenomeno «outlet»: i grandi centri commerciali svendono articoli di abbigliamento scadenti e invenduti con sconti fino al 70 per cento e con tale politica di mercato stanno azzerando pericolosamente il sistema tradizionale della vendita al dettaglio.
      Sotto accusa è l'industria nazionale della moda che, in questo periodo di crisi, sta invadendo il mercato con un'offerta molto superiore alla domanda, generando un perverso sistema di produzione destinato già all'origine al sistema degli «outlet».
      Il primo ad essere beffato è il consumatore che si reca nelle «cattedrali» dello sconto con l'illusione di risparmiare. In realtà acquista merce fuori moda e molto spesso articoli d'importazione invenduti nel mercato europeo e che arrivano nel nostro sistema di distribuzione a prezzi stracciatissimi.
      L'indice è puntato anche sulle grandi firme della moda che, nelle città, impongono ai negozi situati nei centri storici di esibire i capi di abbigliamento griffati nelle vetrine e, contemporaneamente, riforniscono gli «outlet» svalutando immediatamente i modelli esposti in tali negozi.
      In un rapporto presentato da Federmoda si evidenzia che i nuovi insediamenti di «factory outlet» sono nati originariamente come spacci aziendali e si sono trasformati nel corso del tempo in vere e proprie cittadelle dello shopping con strutture per il tempo libero.
      Questa politica commerciale rischia di essere il colpo finale per la sopravvivenza del sistema distributivo, se non si provvederà a realizzare una riforma dell'intera filiera della distribuzione e un controllo alla produzione della merce che, altrimenti, è destinata a non arrivare mai nei negozi tradizionali.
      La proposta di legge si pone l'obiettivo di raggiungere un accordo che salvaguardi non solo gli operatori del commercio, ma anche lo stesso consumatore, in modo da evitare che la denominazione «outlet» venga usata impropriamente e possa in questo modo generare confusione nel consumatore e determinare all'interno del mercato fenomeni di distorsione della concorrenza.
      All'articolo 1 viene proposta la definizione di «outlet» con una interpretazione ampia che ricomprende sia l'imprenditore che vende merci del settore non alimentare prodotte almeno sei mesi prima o con difetti non occulti di produzione sia il grande centro commerciale previsto e disciplinato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
      All'articolo 2 si specifica il corretto utilizzo della denominazione «outlet» e le eventuali sanzioni in caso di violazione grave o di recidiva alle norme stabilite.
      Con l'articolo 3 si intende sottolineare che la gamma di prodotti utilizzabili per la vendita in queste tipologie di esercizi è circoscritta ai beni di fabbricazione di unico marchio, per evitare, in tale modo, un effetto distorsivo della concorrenza costituito dalla pratica scorretta di vendita di prodotti acquistati da terzi. Per gli outlet è previsto il rispetto delle norme in tema di vendita sottocosto previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218.
      La programmazione e l'insediamento degli «outlet» sono disciplinati dalle regioni nell'ambito della propria attività legislativa esclusiva in materia di attività produttive, ai sensi dell'articolo 4 della presente proposta di legge.
      L'attuazione della proposta di legge non comporta alcun onere a carico del bilancio dello Stato.
 

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